martedì 2 ottobre 2007

LA NOTTE DI SAN LORENZO e SAN MICHELE AVEVA UN GALLO dei Fratelli Taviani

Giovedì 4 Ottobre 2007 al Cinema Centrale di Lucca il Circolo del Cinema con la collaborazione di Vi(s)taNova, all'interno del Lucca Film Festival proietta due film dei Fratelli Taviani alle ore 20.45 La notte di San Lorenzo e a seguire San Michele aveva un gallo. Qua di seguito alcune recensioni, pensieri e critiche sui due film.

La notte di San Lorenzo
:

«I Taviani parlano della 'Notte di San Lorenzo' come d'un film sulla speranza, venuto dopo i dubbi del 'Prato'. Rispettiamo il loro ottimismo. Anche chi teme che il mondo in quarant'anni non sia affatto cambiato sa d'ora in poi cosa chiedere alle stelle cadenti: che il cinema tocchi dovunque queste vette supreme.» (Giovanni Grazzini - 'Cinema '82').

«Da un paese della Toscana nell'agosto 1944 un gruppo di uomini, donne e bambini fugge dai tedeschi nel rischioso tentativo di raggiungere la zona già occupata dall'esercito americano. Favola generosa di molte bellezze tra cui le immagini che come le rondini passano in folla, in continua oscillazione tra ricordi personali e memoria collettiva, cronaca e fantasia, epica ed elegia. Premio speciale della giuria a Cannes. Una delle 4 partiture musicali – e la più calda – scritte da Nicola Piovani per i Taviani. Fotografia: Franco Di Giacomo.»
(Laura, Luisa e Morando Morandini)

«Una voce femminile fuori campo racconta. In una notte di San Lorenzo (10 agosto) del '44, nel paese di San Miniato nella campagna toscana, i tedeschi, che stanno evacuando, convincono il vescovo a raccogliere la gente nella chiesa con la promessa di lasciare tutti in vita. Ma una parte della popolazione dà retta a Galvano, che preferisce la fuga (con ragione perché la chiesa salterà in aria). I fuggitivi, dopo un percorso di paura con poche parentesi di serenità, riusciranno a raggiungere la libertà. Un bellissimo film dei fratelli Taviani premiato a Cannes. Un film corale, con momenti di alta poesia, dovuta anche alla bravura degli attori fra cui spicca Omero Antonutti nel ruolo di Galvano.» (Dizionario Farinotti)

«C’è il cielo di una notte chiara, nelle prime immagini di La notte di San Lorenzo. E la voce di una mamma che quasi implora suo figlio di non dormire, di ascoltare i suoi ricordi. Di farle ritrovare un’altra notte come quella, con le stelle che cadono giù dal cielo. Ora siamo in una verde campagna della Toscana in guerra, Italia 1944. Il film è uno straordinario racconto epico di quel tempo eroico, drammatico ed entusiasmante che fu il dolore italiano tra il fascismo e la Liberazione. Il ritmo del racconto delle vicende minute di persone semplici, microrganismi di una Storia collettiva, è scandito con diversi moduli espressivi. Il film, anche grazie alla colta e travolgente musica di Nicola Piovani, sembra una fiaba o un racconto epico. Può semplificare i fatti o i sentimenti o stravolgere il reale. La scena dell’uomo trafitto da cento lance sembra estratta da un passo dell’Iliade. E la sequenza della lotta e del sangue nel grano rimane nella storia del cinema italiano. Il film è il racconto dell’orrore della guerra, che stravolge la ragione e la pietà, e della grandezza della speranza. A essa il capolavoro dei Taviani è dedicato, sotto forma di una stella.» (Walter Veltroni da Certi piccoli amori. Dizionario sentimentale di film, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 1994 )

«Una finestra aperta su una placida notte estiva, solcata da stelle cadenti... Una donna rievoca per la sua bambina il ricordo di un’altra notte, quella del 10 luglio del 1944 in un paese della Toscana, quando aveva solo otto anni. La guerra stava per finire ma le truppe tedesche, guidate dai fascisti, ritirandosi facevano terna bruciata e minavano le case, fucilavano i partigiani. Gli abitanti di San Martino (nella realtà San Miniato) fuggono nelle campagne e sono testimoni di scontri sanguinosi in mezzo ai campi di grano. Guidati dal fattore Galvano (che ritrova, diventata ricca, la donna amata da giovane) si rifugiano infine nella fattoria di Sant’Angelo, dove trascorrono l’ultima notte prima dell’arrivo degli alleati. [+]
Una finestra aperta su una placida notte estiva, solcata da stelle cadenti... Una donna rievoca per la sua bambina il ricordo di un’altra notte, quella del 10 luglio del 1944 in un paese della Toscana, quando aveva solo otto anni. La guerra stava per finire ma le truppe tedesche, guidate dai fascisti, ritirandosi facevano terna bruciata e minavano le case, fucilavano i partigiani. Gli abitanti di San Martino (nella realtà San Miniato) fuggono nelle campagne e sono testimoni di scontri sanguinosi in mezzo ai campi di grano. Guidati dal fattore Galvano (che ritrova, diventata ricca, la donna amata da giovane) si rifugiano infine nella fattoria di Sant’Angelo, dove trascorrono l’ultima notte prima dell’arrivo degli alleati. Gli autori di questo bel film che ha la forma di un ecloga campestre disseminata di intermezzi epici, hanno sempre lavorato in stretta collaborazione sin dal loro debutto come assistenti di Joris Ivens: Vittorio (nato nel 1929) e Paolo (nato nel 1931) Taviani sono più inseparabili dei fratelli Goncourt. Formatisi alla scuola dell’ideologia marxista, hanno vissuto «pienamente e intensamente la spinta utopica del ’68 », e hanno girato fino al 1976 una serie di film nei quali il discorso politico, affrontato con sincera convinzione, aveva il posto centrale. Dopo Allonsanfan (1974), consci di trovarsi in un’impasse, si sono orientati verso una formula meno didascalica, più serena, senza nulla rinnegare dei loro ideali ma avvolgendoli in una cappa di lirismo. Troveranno il loro punto di equilibrio (e un pubblico popolare) nelle aspre cronache di Padre padrone (1977), girato in Sardegna, e di Kaos (1984), girato in Sicilia. La notte di San Lorenzo si spinge molto oltre la mena rievocazione storica di un episodio degli ultimi giorni di guerra in Toscana. È soprattutto una pregnante meditazione sulle lotte fratricide e la loro assurdità e sul desiderio di pace che ognuno porta dentro di sé. Tutto viene visto con gli occhi meravigliati e curiosi di una bambina, simbolo di vita e di speranza.» (Claude Beylie da I capolavori del cinema, Vallardi, Milano, 1990)

«In quel luglio del 1944 Paolo aveva 13 anni e Vittorio 15: stavano ammassati in cantina con molta altra gente di San Miniato quando arrivò l’ordine dei tedeschi di trasferirsi nel duomo. L’avvocato Taviani, padre dei due ragazzi, decise che non c’era da fidarsi ed era meglio fuggire di notte per raggiungere gli americani. Cominciò così l’avventura della marcia attraverso la Toscana -in guerra, che i Taviani rievocano nèl film. Intanto nella cattedrale avvenne il famoso eccidio (ricordato dai registi nel loro primo documentario, San Miniato, luglio 1944) e una parte del paese fu fatta saltare. Tra la memoria e la fantasia, La notte di San Lorenzo ritorna sull’episodio elevandolo a riflessione sulla guerra come momento accelerato e demenziale dell’esperienza umana. Qui l’approccio alla tematica resistenziale è totalmente nuovo, fra il rilievo antropologico e la dilatazione omerica: in questo senso è da antologia la sequenza della battaglia nel campo di grano, dove fascisti e partigiani si combattono seminascosti dalle spighe mature. Il rischio perenne dei Taviani, che è quello di fare un cinema troppo intelligente (cioè di testa, elaborato, superconsapevole) si annulla nel risultato di molti capitoli del film, fra i quali eccelle ciò che riguarda la coppia dei fascisti massacratori padre e figlio. Omero Antonutti, paterno capocarovana, regge bene il significato dell’apologo: che è una contemplazione della storia straziata e sbigottita (ma intensamente partecipe e a tratti anche ilare).» (Tullio Kezich, Il nuovissimo Mille film. Cinque anni al cinema 1977-1982, Oscar Mondadori)

A questo link di CinemAvvenire.it inoltre, potete scaricare un contributo interessante al film: http://www.cinemavvenire.it/downloads/636.doc



San Michele aveva un gallo:

«Nel 1870 un anarchico internazionalista comincia una lunga prigionia di segregazione. Dieci anni dopo, durante un trasferimento, incontra giovani rivoluzionari che lo irridono. Ispirato alla novella di Lev Tolstoj Il divino e l'umano e costruito in 3 movimenti di musicale pregnanza e su 3 soli ambienti con un solo protagonista, è un apologo affascinante sul conflitto politico-esistenziale tra socialismo utopistico e socialismo scientifico, tra due modi di intendere la rivoluzione, l'anarchico e il marxista. Attuale e utile anche oggi, dunque. Uno dei film più equilibrati e armoniosi dei fratelli Taviani. Prodotto da Ager Film con la RAI, fu distribuito in Italia soltanto nel 1975.» (da Il Morandini di Laura, Luisa e Morando Morandini)

«Chi non ebbe la buona ventura di vederlo in Tv, chi avendolo visto voglia trovare nel colore un nuovo motivo di ammirazione, e finalmente chiunque sappia riconoscere le punte più alte del cinema italiano degli anni Settanta, ha il suo regalo di classe. Così diverso da tutti gli altri che sono sulla pubblica piazza, San Michele aveva un gallo (titolo dettato da una filastrocca per bambini) è infatti un film per molti versi memorabile, indispensabile per capire il talento dei fratelli Taviani e per misurare in quali bassezze, al suo confronto, ristagni la produzione corrente.Ne è protagonista Giulio Manieri, un anarchico internazionalista di origini borghesi che verso il 1870 guida un colpo di mano in una piccola città. L'impresa fallisce, perché immatura e mal preparata, e il capo viene condannato a morte. Mutata la pena nell'ergastolo, Manieri riempie la sua cella di solitarie fantasie. Parlando con se stesso finge di trovarsi nel mezzo dei dibattiti politici e d'assistere al trionfo della rivoluzione: così vince lo sgomento della segregazione e si conserva uomo vivo. Passati dieci anni, durante il trasferimento in un'isola della Laguna, incrocia una barca che porta in galera altri sovversivi, e scambia con loro qualche parola. Quanto basta per esprimere le differenze fra due modi di ribellarsi. Mentre Manieri è rimasto uno “spontaneista” che punta tutte le sue carte sull'immaginazione, i più giovani hanno sostituito la lotta paziente all'avventurismo. Per Manieri non c'è più posto: può affogarsi in Laguna.Ispirato liberamente a una novella di Tolstoj poi tutta risolta in simbolo e atmosfera, il film ha un'intensità visiva straordinaria soprattutto nella parte ambientata all'aperto. Con pochi mezzi i Taviani evocano una tragedia densissima di significati storici e psicologici, fasciata d'un'aria tersa che la rende incantevole. Memori per qualche verso di Bresson, i Taviani scavano nel tempo distanziandosi dall'aneddoto e rifiutando ogni accento naturalista. Film di arcano e remoto lirismo, dove memoria e fantasia si fondono nel personaggio che ha trovato in Giulio Brogi un interprete di meditata finezza, San Michele aveva un gallo è di grande interesse anche per ragioni politiche e ideologiche. Realizzato all'indomani della fiammata sessantottesca, esso infatti espresse con una chiarezza che oggi si coglie ancor meglio la scelta culturale di due cineasti d'estrema sinistra cui non venne meno (e nel '74 Allosanfan lo ribadì) la fede nel valore dell'utopia, intesa come molla razionale della storia. Il Manieri che sentendosi superato dai tempi sceglie la morte in qualche modo trasfigurava, per i Taviani, i giovani contestatori che usciti sconfitti dalle illusioni del “joli mai” si ritiravano smarriti nel silenzio anziché verificare i propri ideali sulla nuova realtà. Il senso che ne usciva era quello d'una lezione dialettica impartita con rigore marxista, ma anche - e perciò è durato nel tempo - d'una voce poetica intessuta, come fu ben detto, da ragione e cultura.» (Giovanni Grazzini da Il Corriere della Sera, 16 aprile 1976)

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