lunedì 31 marzo 2008

4 MESI 3 SETTIMANE 2 GIORNI al Circolo del Cinema


Giovedì 3 aprile alle ore 21.30 il Circolo del Cinema di Lucca presenta al Cinema Centrale 4 MESI 3 SETTIMANE 2 GIORNI, il film vincitore della Palma d'Oro all'ultimo Festival di Cannes diretto dall'esordiente Cristian Mungiu.


La recensione di Emanuela Martini:


«Due ragazze in una stanza d'albergo. Una stanza grigiastra, seriosa, "vecchia". Com'è grigio e opaco, sottilmente inquietante, quasi tutto quello che circonda le protagoniste, le strade della città, soprattutto ma non solo di notte, la hall e il ristorante dell'albergo, persino i corridoi del pensionato studentesco nel quale vivono. Gabita e Otilia dividono la stessa stanza, Gabita è incinta e non vuole il bambino, Otilia l'aiuta ad abortire, raccoglie i soldi, trova il "contatto" giusto, prenota la camera nella quale, in silenzio, si svolgerà l'operazione, l'assiste. Il rischio è la galera: negli anni 80 di Ceausescu l'aborto è illegale, le interruzioni di gravidanza clandestine prosperano, le donne muoiono. Ma, nonostante le strumentalizzazioni di cui è stato oggetto al momento della presentazione al Festival di Cannes (dove ha vinto la Palma d'oro), 4 mesi 3 settimane 2 giorni ("l'età" del feto) non è principalmente un film sull'aborto: è un film su una società poliziesca e chiusa, ingiusta e sospettosa, talmente disperata che persino un atto come un aborto finisce per perdere qualsiasi connotazione morale. Un aborto è un "fatto", un intervento fisico, per svariati motivi pericoloso, descritto in un lungo, freddo piano sequenza da colui che lo attuerà, il signor Bebe (Vlad Ivanov, un attore magnifico). Infatti sono le peregrinazioni, i gesti frettolosi e segreti di Otilia (l'amica, la vera protagonista), la sua ricerca affannosa di un pacchetto di Kent (un bene prezioso, che servirà a tacitare un'inserviente), le sue dimenticanze (quel documento di identità lasciato prima in camera e poi alla reception, in un paese totalitario e poliziesco), persino le sue ansiose diversioni (poco più di un'ora trascorsa a casa del fidanzato), a rappresentare la vera traccia narrativa del film. "Fare", perché non ci si può permettere il lusso di interrogarsi sulle scelte. Un'immagine, scomoda ma concreta, ci dice a che punto di alienazione disumanizzante sia arrivata la società rumena in quegli anni. Un'immagine che non va assolutamente scambiata per un giudizio morale di Cristian Mungiu (anche sceneggiatore del film) sulle sue protagoniste. 4 mesi 3 settimane 2 giorni è lucido, duro e giusto, costruito con il ritmo e la tensione di un thriller. »

(Emanuela Martini)

Di seguito il trailer:



mercoledì 26 marzo 2008

SIGNORINA EFFE al Cinema Centrale


Domani sera, giovedì 27 marzo, alle ore 21.30 presso il Cinema Centrale, il Circolo del Cinema di Lucca presenta SIGNORINA EFFE il nuovo film di Wilma Labate con Valeria Soriano, Sabrina Impacciatore, Fabrizio Gifuni.
La recensione del film:
«Il film di Wilma Labate racconta una storia d'amore sullo sfondo delle lotte operaie degli anni settanta e ottanta a Torino. Sergio, sindacalista militante, si innamora di Emma, una bella impiegata della Fiat. Lei, laureanda in matematica, è figlia di operai, ma legata a un ingegnere della stessa fabbrica e proiettata verso una vita agiata. Emma è attratta da Sergio e aderisce alla lotta degli operai contro i 23mila licenziamenti del 1980, ma ben presto cede alle pressioni della famiglia e dell'ex fidanzato. Con interessanti immagini storiche, il film fa rivivere i 35 giorni di sciopero e la famosa marcia dei 40mila che ha cambiato la storia del sindacalismo in Italia. Con un cast convincente, il film è un intreccio di passioni ed emozioni politiche e sentimentali, di sogni e delusioni. Sono uscito dal cinema soddisfatto per aver visto un film più dignitoso di tanti altri osannati dalla stampa nazionale, forse solo perché realizzati da registi più famosi.»


Gerhard Mumelter da Internazionale, 8 febbraio 2008

Di seguito il trailer del film:

mercoledì 19 marzo 2008

ANGEL di François Ozon al Cinema Centrale


Giovedì 20 marzo alle ore 21.30 il Circolo del Cinema di Lucca presenta al Cinema Centrale ANGEL di François Ozon con Charlotte Rampling e Sam Neil. Di seguito una breve recensione:

«1905. Angel è una ragazza orfana che vive con la madre che gestisce un negozio di drogheria nella Londra operaia. Angel ha una passione: scrivere. I suoi romanzi sono ricchi di colpi di scena e si alimentano di una vita da lei soltanto immaginata. Un giorno riesce a trovare un editore e da quel momento per lei tutto cambia. Ogni suo nuovo libro vende copie su copie e la ricchezza diventa per lei così tangibile da consentirle di comprare la dimora dei suoi sogni "Paradise". La sua però è letteratura popolare così come "popolari" sono i suoi gusti nell'arredare il suo "castello". Tutto procede per il meglio finché non si innamora, ricambiata, di un pittore che vede il mondo esattamente al contrario: grigio e spento. "Angel" è il titolo di un romanzo pubblicato nel 1957 dalla scrittrice inglese Elizabeth Taylor (un puro e semplice caso di omonimia con l'attrice). Un romanzo che Ozon ha letto cinque anni fa e lo ha attratto perché nella protagonista ha rivisto le eroine di tanto cinema degli anni Trenta e Quaranta. Angel è sempre sopra le righe, manca di buon gusto o, meglio, ha dei gusti che piacciono alle masse e non all'aristocrazia. Per lei la vita è un susseguirsi di passioni intense e di note sfavillanti. Ozon si è così trovato di fronte l'occasione per rileggere un cinema che non c'è più. A differenza di Soderbergh non si è però dedicato solo a una ricostruzione filologicamente accurata (che peraltro c'è e che gli appassionati di cinema potranno gustare). Ha anche lavorato sui personaggi spingendo il pubblico a seguirne le pur esplicitamente romanzesche vicende. Questa lettura a doppio livello lo ha spinto a depurare il personaggio della protagonista di buona parte dell'ironia con cui l'autrice del libro la descriveva: "Non è possibile seguire per due ore un personaggio solo ironizzando su di lui" ha affermato. "È importante esserne anche affascinati. Scarlett O'Hara è la protagonista a cui ho pensato. Come dicono gli inglesi 'la ami e la odi allo stesso tempo'". Ne è nato così un film che ha il fascino del passato riletto attraverso lo sguardo lucido di un regista che ci ha abituato ormai a una sorpresa ad ogni film. Per Ozon il gusto della ricerca non ha mai fine e Romola Garai, un nome che sentiremo sempre più spesso, gli offre un importante contributo. »

(Giancarlo Zappoli da http://www.mymovies.it/)

Di seguito il trailer del film:





venerdì 14 marzo 2008

VIDEODROME di David Cronenberg a San Micheletto

Lunedì 17 marzo alle ore 21.30 presso la saletta video del Complesso di San Micheletto, il Circolo del Cinema di Lucca presenta in una esclusiva visione integrale, il film capolavoro di David Cronenberg, VIDEODROME. L'ingresso è gratuito dietro presentazione della tessera di socio 2007/2008 del Circolo sottoscrivibile anche prima della proiezione al prezzo di 5,00 euro.

Di seguito una recensione al film di Valentina D'Amico dal sito http://www.cinema.castlerock.it/:

«Controllo della psiche, aberrazioni mentali, mostruose allucinazioni e una realtà varia e mutevole che si trasforma a ogni pie sospinto in qualcos'altro. Il mondo di Videodrome è un universo instabile e terrificante, un circo catodico programmato per soggiogare le menti dei milioni di telespettatori americani, o solamente per condurli alla follia. E' ciò che sperimenta sulla propria pelle Max Renn (James Woods), dirigente di un piccolo canale privato che lotta per sopravvivere nella giungla dei networks guadagnandosi audience a colpi di pornografia e nefandezze varie, finché, in modo apparentemente casuale, incappa nelle trasmissioni pirata di Videodrome. Quelli che a prima vista sembrano semplicemente sadici snuff movie nascondono, in realtà, un complesso progetto di controllo progressivo delle menti umane attraverso l'uso della televisione, veicolo privilegiato di diffusione del morbo di Videodrome, e Max, suo malgrado, si trasformerà in una pedina di questo gioco perverso.Profeta visionario o geniale precursore dei tempi, David Cronenberg realizza un'opera di straordinaria attualità che contiene in germe tutte le ossessioni del suo cinema: dominio della tecnologia, perversioni sessuali, immersioni nel subconscio, fenomenologia della malattia (sia fisica che mentale) si intrecciano in un magma angosciante e visionario che culmina nella metamorfosi di Max Renn che, da semplice spettatore/addetto ai lavori, diviene braccio armato del Videodrome fino a sublimarsi in "videoparola che si è fatta carne". E se la nuova carne, come ogni culto che si rispetti, esige un sacrificio umano, sarà Max, custode e sacerdote della nuova dottrina, ad immolarsi alla sua causa perché chi ha scrutato nelle profondità dell'abisso catodico ha scoperto che l'immagine, in fondo, è più vera della realtà che ci circonda. L'iperrealtà creata dalla tv si manifesta violentemente sin dall'incipit con la sveglia della segretaria di Max che, grazie ad un videotape precedentemente registrato, gli ricorda gli appuntamenti della giornata. La stessa Nicky, affascinante e perversa conquista di Max, appare per la prima volta in uno schermo tv, così come la più suggestiva creazione di Cronenberg, il professor O'Blivion, dilaniato dal cancro di Videodrome e destinato a sopravvivere esclusivamente nei nastri registrati prima di morire. All'ossessione per gli schermi, duplice simulacro della realtà e del cinema (il cinema, in quanto regno dell'immagine, viene eletto da Cronenberg al rango di "vero"), si affianca l'ossessione per il carne e la sangue. Ecco che, grazie al Videodrome, Max Renn si trasforma in una massa informe pronta a fondersi con il metallo della pistola che tiene in mano o ad aprire le proprie cavità per accogliere i videotapes destinati a riprogrammarne la mente. L'ossessione del complotto e la fagocitazione dell'individuo in un disegno diabolico teso al controllo dell'umanità accomunano Videodrome al di poco successivo Essi vivono di John Carpenter, altra pellicola indubbiamente debitrice della filosofia Cyberpunk. A differenza del pamphlet politico vivacemente genuino, artigianale e raffazzonato in perfetto Carpenter style, Videodrome è un prodotto già discretamente raffinato, intriso di riferimenti filosofici e cinematografici che lo assimilano al postmoderno, è pervaso da un'atmosfera angosciante acuita da inquadrature strette che fotografano ambienti cupi, soffocati da apparecchiature tecnologiche e immersi in una narcotizzante luce rossastra che avviluppa progressivamente ogni cosa fino al secco finale che interrompe la pellicola. "Morte a Videodrome, gloria e vita alla nuova carne"»

Di seguito il trailer originale del film:





martedì 11 marzo 2008

L'ASSASSINIO DI JESSE JAMES al Cinema Centrale



Giovedì 13 marzo alle ore 21.30 presso il Cinema Centrale, il Circolo del Cinema presenta L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford di Andrew Dominik. Di seguito la recensione di Roberto Escobar:

«Ma non è una (mancata) relazione omosessuale quella che viene raccontata in L'assassinio di Jesse James da parte del codardo Robert Ford (The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford, Usa, 2007, 160'). Non c'è carne, non c'è brama di corpi, nella sceneggiatura che Andrew Dominik ha tratto da un romanzo di Ron Hansen. C'è invece qualcosa di più radicale, e di più mortale. Robert non "vuole" Jesse. E neppure vuole arrivare a somigliargli, per quanto possa crederlo. Il suo desiderio ha un oggetto anch'esso più radicale, e più mortale.Attorno a questa "tensione" senza carne, per altro, la sceneggiatura costruisce una narrazione epica, o almeno finge di costruirla. Già il titolo del film rimanda a un racconto popolare di gesta straordinarie, proprio come quelli che nell'ultima parte dell'Ottocento stavano inventando il mito western, trasformando crudeltà e miserie in umana grandezza. Occorre immaginarlo, questo titolo esso stesso già narrativo, sul frontespizio di una pubblicazione da pochi centesimi, o sui manifesti di quei teatri dove, alla fine, Robert davvero metterà in scena le proprie gesta. Ma prima, prima del tradimento, prima del colpo di pistola sparato nella schiena, prima della patetica fama teatrale, ci sono le gesta di Jesse, appunto. C'è il suo mito, il racconto trasfigurato delle sue rapine, e quello completamente falso del suo eroismo pronto a colpire i ricchi e ad aiutare i poveri. Tutto questo ha letto e sentito da ragazzino Robert. E ci è cresciuto. Che cosa sarebbe, ora, se non portasse sempre con sé una vecchia scatola piena di libri e di fogli, tutti dedicati al suo eroe?
(Roberto Escobar da Il Sole 24 ore)

Di seguito il trailer in lingua originale:




domenica 9 marzo 2008

MA COME SI PUO' UCCIDERE UN BAMBINO? a San Micheletto


Lunedì 10 marzo al Complesso di San Micheletto verrà proiettato ad ingresso gratuito "Ma come si può uccidere un bambino?", film cult del cinema horror. Di seguito la recensione di Tullio Kezich:


«Dopo trent’anni di letargo fascista, la Spagna si muove e con essa anche il cinema spagnolo. A Cannes l’anno scorso sono apparsi alcuni film di buon augurio, tra i quali un piccolo capolavoro: Le lunghe vacanze del 36 di Camino; al Festival di Taormina dobbiamo la scoperta di Ma come si può uccidere un bambino? Qui siamo nell’ambito della fantascienza, ispirandosi il film al racconto El Juego di Juan Josè Plans. Nell’isoletta di Almanzora, fra la Spagna e l’Africa, è successo qualcosa: non si vede in giro una persona adulta, frotte di bambini scorrazzano con aria sospetta. Due coniugi inglesi in viaggio di piacere non tardano a scoprire che i ragazzini si sono uniti per annientare i grandi e conquistare il inondo.

È una fantasia sociologica, un sogno angosci o-so che si rifà a Gli uccelli di Hitchcock: il regista sembra volergli dare un significato di protesta per le violenze che l’infanzia subisce nelle guerre e nelle crisi mondiali (a questa tremenda situazione si riferisce un breve inserto iniziale), ma quando il thrilling comincia e siamo intrappolati nel gioco, la capacità di reagire prontamente e crudelmente sembra l’unica via di scampo dei protagonisti adulti.

Stretto tra una tensione ribellistica e uno scatenamento reazionario, il film vale soprattutto per le atmosfere alla Antonioni che il regista riesce a creare nelle vie del paese deserto, per il suo carattere di romanzo gotico esposto al sole abbacinante del Mediterraneo. Gli attori inglesi Lewis Fiander e Prunella Ramsone non perdono un colpo.


(Tullio Kezich da Il corriere della sera)

martedì 4 marzo 2008

COUS COUS al Cinema Centrale

Giovedì 6 Marzo al Cinema Centrale, il Circolo del Cinema, presenta COUS COUS di Abdellatif Kechiche. La recensione del film di Piera Detassis, direttrice di Ciak:

«Il porto di Sète nel sud della Francia, il sogno di un vecchio barcone, La source (La sorgente), trasformato in ristorante di cuscus al pesce (semola e cefalo, come recita il titolo originale), la vita difficile eppure mai depressa di Slimane, sessantenne stretto fra due famiglie, quella formata da moglie e figli e quella con la nuova compagna. Il regista francese Abdellatif Kechiche ha già all'attivo un piccolo capolavoro, La schivata, e sa bene come correre sul filo sottile che separa il realismo puro dallo scatto fantastico. In Cous Cous usa la cinepresa allo stremo, tenendola incollata ai personaggi, senza staccare mai. E così il pranzo domenicale in famiglia scorre in tempo reale tra suoni, amori e disamori, urla, degustazioni, assumendo pian piano una pregnanza inattesa, insolita, quasi fossimo invitati anche noi a quel desco e assaporassimo i gusti di un cultura diversa. Kechiche, che sa costruire bene la tensione narrativa, senza alcuna fretta, non giudica ma lascia accadere, il suo è un cinema fenomenologico spinto alle estreme conseguenze eppure innamorato delle facce dei suoi protagonisti accompagnati sempre con affetto malinconico, come nella lunga, bella sequenza di Slimane che attraversa la notte sul suo lentissimo motorino. Emerge su tutti la bellissima Hafsia Herzi, che a Venezia ha vinto il premio Mastroianni: la sua danza del ventre, sensualissima, è una boccata di pura energia. Come il film, da non perdere se avete voglia di cose mai viste.» (Piera Detassis)

Di seguito il trailer:

domenica 2 marzo 2008

LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI di G. Romero al Complesso di San Micheletto


Uno dei film più allegorici sull'America ai tempi della guerra vietnamita. Il capostipite di una saga destinata a riscuotere un successo planetario a livello cinematografico e a consacrare Romero nell'Olimpo dei maestri del brivido.

A causa di una pioggia di detriti radioattivi provenienti da Venere, i morti resuscitano in ogni parte del pianeta, affollando le strade in preda ad unico desiderio: nutrirsi di carne umana. Come una vera epidemia che si rispetti, il morso degli esseri costituisce il mezzo del contagio. In un cimitero Barbara e suoi fratello vengono improvvisamente assaliti. [...]

Girato in poco più di sei mesi a partire da uno script realizzato da George A. Romero congiuntamente con John Russo, La notte dei morti viventi trae spunto dal romanzo orrorifico di Richard Matheson, Io sono leggenda. Sostanziali i cambiamenti narrativi: nell'opera letteraria il protagonista si trovava assediato da un'orda di vampiri mentre nel film la donna protagonista doveva guardarsi inizialmente dall'ondata di un gruppo di alieni. Ma ben presto Romero decise di voltare pagina rispetto all'iniziale imprinting fantascientifico, concentrandosi progressivamente sull'idea di un male epidemico capace di mettere l'umanità in lotta contro il suo reale spettro: l'umanità che ha cessato di esistere e che è andata a popolare il mondo del crepuscolo. Il risultato finale è stato un capolavoro indiscusso del cinema horror di tutti i tempi. La notte dei morti viventi confermò il talento straordinario di George Romero, capace alla fine degli anni Sessanta di coniugare con forte sagacia e grande abilità due scenari profondamente diversi tra loro: quello reale della politica e quello orripilante dell'invenzione cinematografica. Il risultato finale costituì una delle più feroci (e riuscite) allegorie dell'America ai tempi della guerra in Vietnam. Angoscia, cannibalismo, bestialità: è questa l'immagine del conflitto umano riflesso dal risveglio dei morti e dal loro insano appetito. L'uomo che mangia l'uomo, l'essere che combatte se stesso in una lotta che non conosce né vincitori, né vinti. Tutto si risolve nell'annullamento dell'altro, tutto si adegua ad una logica assurda che porta al totale annientamento. L'orrore provato da un massacro che si poteva evitare finisce così con l'assumere le sembianze di un'assurdità non troppo differente: il ritorno dei morti, l'attacco degli zombie come profetica apocalisse che sancisce la fine del mondo.


(Fabrizio Marchetti da Castlerock - La città dell'immaginazione)